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Quaderno d'appunti

Contro la religione (in)civile

 

di Thomas Cortés

 

Ci sono due pseudo-filosofi che, tra i tanti, detesto particolarmente: Baruch Spinoza e Jean Jacques Rousseau.

Si potrebbero scrivere fiumi di parole per screditare il loro pensiero e dimostrare la falsità dei loro insegnamenti, ma non è ciò che intendo fare ora.

Mi è stato insegnato di prendere seriamente ogni autore, senza pregiudizi, in modo da poterli sfidare sul loro campo e presentarli per ciò che sono (nella stragrande maggioranza dei casi, da almeno cinque secoli a questa parte, nemici dichiarati della Croce e della Chiesa cattolica romana).

Oggi intendo mostrare il messaggio di questi due falsi paladini della libertà concentrandomi sul loro deismo razionalista, in modo da provare che non si possono difendere simili posizioni e simili uomini ed essere, al contempo, cattolici.

Nel suo Trattato teologico – politico (1670), Spinoza pone le fondamenta della moderna e rivoluzionaria concezione della libertà religiosa come diritto naturale dell’uomo.

L’opera citata ha un solo chiaro obiettivo: delegittimare radicalmente la Sacra Scrittura come fonte della Rivelazione e rigettare l’esistenza di un Dio creatore, personale, vivente, causa sui come quello della Bibbia.

Non riuscendo a concepire in alcun modo l’esistenza del soprannaturale, il filosofo olandese finisce con l’identificare Dio e Natura, facendo venir meno la distinzione fondamentale di causa ed effetto: il suo celebre motto “deus seu natura” altro non è che una coincidenza, assolutamente arbitraria e contraria alla ragione, di Dio con la natura. È panteismo e viene meno, per questa via, il rapporto tra Creatore e creato.

Il disegno aberrante dell’Autore è un trionfo dell’immanentismo (ecco il rivoluzionario principio modernista di “immanenza”) che produce come conseguenza ultima l’idea che la mente umana, per il solo fatto di essere res cogitans (ed ecco l’eco di Descartes), partecipi di per sé della natura di Dio e della Sua stessa mente.

Essendo questo il rapporto esistente tra noi e Dio, vien da sé che “nella natura della mente, concepita come tale, consiste la causa prima della divina rivelazione”: ecco eliminato il Soprannaturale, ecco cancellata la Rivelazione.

Vi chiederete perché Spinoza senta la necessità di affrontare un simile argomento: la risposta è che, una volta eliminata l’idea del soprannaturale, sarà più facile proseguire a trattare la questione politica basandola su una religione civile perfettamente antitetica alla religione rivelata, una fede di stampo razionalista e deista.

Ciò che ci interessa è proprio questo aspetto: la creazione di una religione i cui articoli di fede siano stabiliti solamente dalla ragione umana!

Ciò che si vuole creare è una religione “razionale” che non si basi su dogmi di fede che abbiano un origine sovrannaturale, ma che si regga esclusivamente sul lume della ragione in modo da poter realizzare la società perfetta, il paradiso sulla terra.

Questa religione, non essendo rivelata ma creata dall'uomo, sarà l’unica a potersi definire realmente universale proprio in forza del fatto che tutti la possono accettare in quanto conforme a ragione.

Ed ecco gli articoli di fede spinoziani:

  1. Esiste Dio, cioè l’ente supremo, infinitamente giusto e misericorde, ossia il modello della vera vita;

  2. Dio è unico;

  3. Dio è presente ovunque, ossia tutto gli è manifesto;

  4. Dio ha supremo diritto e dominio su tutto, né fa qualcosa costretto da qualche legge, ma compie tutto per suo beneplacito e grazia singolare;

  5. Il culto di Dio e l’obbedienza verso Dio consistono nella sola giustizia e nella sola carità, ossia nell’amore verso il prossimo;

  6. Tutti quelli che obbediscono a Dio secondo questa regola di vita, sono salvi; gli altri, invece, che vivono sotto l’imperio dei piaceri, sono dannati;

  7. Dio perdona i peccati di coloro che si pentono.

E conclude prescrivendo questa regolare aurea: “ciascuno è tenuto ad adattare questi dogmi della fede alla sua capacità di comprensione e a interpretarli nel modo che a lui parrà più opportuno per accogliergli senza la minima esitazione […]” (Tractatus, cap. XIV).

Questa religione razionale è la sola dottrina che, secondo Spinoza, “sia salutare e necessaria per uno Stato in cui gli uomini vivano in pace e in concordia”.

È questo il catalogo minimo della religione laica deista che lo Stato deve sostituire a quella rivelata.

Accanto a questo suo eptalogo, l’Autore riconosce l’esistenza di un diritto naturale alla libertà di coscienza e alla libertà di religione, un diritto che non viene trasferito alla Stato per il tramite del patto sociale (è l’idea, profondamente errata e contraria alla logica, del contrattualismo moderno che vuole lo Stato come frutto di un contratto tra uomini liberi che gli consenta di uscire dallo “stato di natura”).

La religione, infatti, non consistendo “tanto in atti esterni, quanto nella semplicità e nella sincerità dell’animo, […] non è di competenza di alcun diritto pubblico né di alcuna autorità pubblica”: ecco l’idea soggettivistica di religione tanto cara a Lutero! Mancava solo lui!

Da tutto ciò ne discende che la verità religiosa, ben lungi dall’essere rivelata da Dio (e meno che mai da Dio che si fa Uomo), sarà il frutto della coscienza del singolo, un mero fatto privato e assoluto che integra “il pieno diritto e la piena autorità di giudicare liberamente in materia religiosa e, per conseguenza, di spiegarla e interpretarla a se stesso”.

Il lume naturale della ragione, comune ad ogni uomo, si fabbricherà così la sua religione particolare, quella che più lo aggrada. Unico limite che si impone alla ragione umana è quello della religione civile spinoziana posta dalla Stato per garantire la sicurezza e il benessere della società.

Per Spinoza il limite insuperabile che trova la libertà di coscienza è esclusivamente il diritto sovrano dello Stato: la libertà dell’uomo non può arrecare danno al diritto della potestà suprema proprio in forza di quel patto sociale che ha costituito la res publica.

Ecco perché nel disegno del “filosofo” il diritto di regolare gli affari sacri (lo jus circa sacra) spetta solo allo Stato: regolando autonomamente l’esercizio esterno dei culti, esso riuscirà così a garantire la pace nella società.

Chi è sovversivo? Naturalmente solo chi mette in dubbio e non si riconosce nei sette comandamenti spinoziani. E chi sono, guarda caso, gli unici a non poter trovarsi d’accordo con una simile fede? I cattolici!

 

 

 

 

 

Il teismo civile di questo detrattore arriva ad eliminare la possibilità stessa per la religione rivelata di essere riconosciuta come vera e di essere pubblicamente professata perché solo l’opinione del singolo individuo, a patto che non attenti alla diritto dello Stato “circa sacra”, può vantare il diritto di riconoscimento da parte dell’autorità pubblica.

La stessa persona che nel capitolo finale della sua opera sostiene che il fine ultime di ogni Stato è la libertà, giunge anche alla conclusione che bisogna comunque rimettersi al giudizio ultimo dell’autorità: le libertà di coscienza, di espressione, di religione dovrebbero, quindi, esercitarsi senza alcun pregiudizio del diritto del potere supremo e della pace pubblica.

Detto altrimenti: in coscienza potete pensare e dire ciò che volete, ma nel momento in cui oltrepassate il recinto di questo “giardino” dovete sottostare all’autorità, tanto in campo civile quanto in quello religioso.

Spinoza si fa paladino di una libertà posta in esclusiva funzione dell’ordine costituito, subordinata totalmente allo Stato.

Qual è il colpo di genio? Il presentare tutto questo sistema come “neutrale”, senza accorgersi (o facendo finta di non accorgersi) che dietro questa apparente neutralità si cela uno Stato che obbliga tutti al suo culto deista e razionalista.

L’unico risultato concreto che si ottiene per questa via è quello di eliminare Dio dalla società e costruire un ordine a misura d’uomo, un nuovo ordine basato esclusivamente sulla ragione.

Spinoza non dichiara apertamente fuori legge il cattolicesimo, ma lo fa implicitamente rendendo impossibile ai cattolici la professione della loro fede e la loro vita nella società.

Ancora 1

Non c’è assolutamente nulla di cui meravigliarsi se allora, un secolo più tardi, il messaggio del filosofo olandese verrà esasperato e la condanna del cattolicesimo resa esplicita.

Questo è ciò che accade con l’altro pseudo-filosofo della modernità, padre della Rivoluzione francese, Jean Jacques Rousseau.

È sufficiente leggere il capitolo VIII di quel suo “capolavoro” intitolato Il Contratto sociale (1762) per capire ciò che intendo sostenere.

Secondo Rousseau il Cattolicesimo deve essere impedito per due ragioni:

  1. perché dà agli uomini “due legislazioni, due capi, due patrie”, impedendo loro di essere, al contempo, “devoti e cittadini”;

  2. perché sostiene il dogma “nulla salus extra ecclesiam”.

Il capitolo in questione (ironia della sorte!) è chiamato “La religione civile” ed è tutto volto alla fissazione di un credo che sia in linea con il patto sociale, con la ragione, con i sentimenti: anche questa volta un teismo civile razionalista che deve la sua esistenza all'immanentismo luterano e descartesiano.

Scrive il presunto filosofo che “i dogmi della Religione civile devono essere semplici, in piccolo numero, enunciati con precisione, senza spiegazioni né commenti: l’esistenza della Divinità onnipotente, intelligente, soccorrevole, provvidente e provvida, la vita futura, la felicità dei giusti, il castigo dei malvagi, la santità del Contratto sociale e delle leggi”: questi sono i “dogmi positivi”.

I “dogmi negativi”, invece, sono limitati ad uno soltanto: l’intolleranza.

Ecco la religione di Rousseau! Ecco la professione di fede, “puramente civile”, che compete al Sovrano fissare attraverso l’enucleazione di articoli presentati semplicemente come “sentimenti di socievolezza” e non come dogmi di religione.

Il Sovrano, scrive questo bieco individuo, pur non potendo “obbligare nessun uomo a credere in essi, può bandire dallo Stato chiunque non li crede”: quando leggo simili parole faccio tremenda fatica a capire come si possa esaltare un simile uomo, anzi non lo capisco proprio!

“Non ti obbligo a dire che ho ragione, ma se non lo dici sei esiliato”: che acume, che ingegno, che paladino della libertà, che uomo il vostro Rousseau!

Ma non solo l’esilio, perchè si arriva a legittimare anche la condanna a morte per colui che, dopo aver accettato i suoi dogmi, non li metta anche in pratica “agendo come se non li credesse”.

Come già sapete, trovo molto funzionale far parlare direttamente gli autori per dimostrare la loro levatura mentale e il loro messaggio; ecco perché, per concludere, voglio riportarvi le parole di chiusura del capitolo sulla religione civile di Rousseau:

 

Ora che non c’è più e che non ci può più essere una Religione nazionale esclusiva si devono tollerare tutte quelle che tollerano la altre, a condizione che i loro dogmi non contengano nulla che contrasti con i doveri del Cittadino. Ma chiunque si azzardi a dire: "fuori della Chiesa niente Salvezza”, deve essere cacciato dallo Stato, a meno che lo Stato non sia la Chiesa e il Principe non sia il Pontefice. Un tale dogma non è adatto che a un governo teocratico, mentre in ogni altro è nocivo” (J.J. Rousseau, cap. VIII, Il Contratto sociale).

 

Io leggo qui una dichiarazione di guerra alla Verità, al Cattolicesimo! Ecco chi è Jean Jeacques Rousseau!

Non intendo sprecare altro tempo prezioso a parlare di questi due autentici nemici, questi falsi e ipocriti individui sulle cui spalle grava gran parte del decadimento contemporaneo in materia religiosa e politica. Le uniche cose che sono stati in grado di produrre sono rivoluzione, menzogna, violenza, caos, morte.

Con la loro religione “civile” hanno solo raggiunto un risultato: l’in-civiltà.

Questi signori pretendono che l’unica religione ufficiale sia il deismo basato sulla concezione puramente razionale di Dio, un Dio che diventa prodotto della ragione.

Questa impostazione, filosoficamente dipendente dalla gnosi moderna, è l’anticamera dell’ateismo: prima si nega la verità della Rivelazione e l’esistenza di un Dio personale e vivente, Creatore di tutte le cose e Giudice alla fine dei tempi, poi si passa ad abbracciare il panteismo immanentista ed infine si giunge a proclamare il regno della natura divina di cui l'uomo è signore.

Le persone credono che la filosofia sia roba da poveri matti che passano il loro tempo ad oziare, immergendosi in falsi problemi: non è vero! E non lo è perche la storia è "lotta di idee". 

La filosofia moderna e, quindi, i filosofi moderni hanno determinato e continuano a determinare la società! Guardatevi intorno e, se non siete completamente anestetizzati dal fumo mefitico di questi impostori, vi accorgerete abbastanza agevolmente che oggi si ragiona proprio "alla Spinoza" e "alla Rousseau"! Un dramma ...

Mi rivolgo ai Cattolici, a tutti coloro che, come me, si riconoscono solo ed esclusivamente nel Cattolicesimo romano di sempre, quello del Credo niceno-costantinopolitano: non difendete la modernità e i suoi dogmi perché sono uomini  come Spinoza e Rousseau, acerrimi nemici di Cristo e della Sua Chiesa, ad averli creati.

Ancora 2
L'aquila bicipite torna in volo?
 

di Thomas Cortés

È notizia di poche settimane fa che la Russia ha deciso di reinserire sulla propria bandiera nazionale il simbolo storico che l’ha caratterizzata per secoli interi come la “terza Roma”: si tratta dell’aquila bicipite, emblema degli Imperi d'Oriente e d'Occidente cristiani. In particolare la Russia intende, con queste gesto, richiamarsi alla tradizione bizantina.

Ad occhi distratti può semplicemente sembrare un gesto nostalgico o, peggio ancora, una faccenda del tutto inutile, priva di qualsiasi significato, ma non è così.

La realtà è che quel simbolo, così carico di storia, ha una valenza ben precisa: indica che lo Stato russo si pone a difesa dell’ordine cristiano contro l’imperversare del pensiero apostata unico dell’Occidente, guidato dal Leviatano America.

Quell’aquila bicefala regge simbolicamente, in una mano, lo scettro della sovranità temporale, nell’altra stringe il globo terrestre sormontato dalla Croce, simbolo dell’unità della potenza cristiana; le due teste sono sovrastate da tre corone crociate, interpretate nell’arco della storia dell’araldo russo anche come simbolo della Santissima Trinità.

Al centro vi è lo stemma di Mosca con la raffigurazione di San Giorgio che ferisce a morte il drago.

Ora, stando così le cose è chiaro che la questione del reinserimento dell’aquila bicipite imperiale nella bandiera russa non possa essere sbrigativamente tralasciata ma si debba andare a sondare il significato profondo di una simile scelta.

Ebbene, quando ho letto la notizia è tornato immediatamente nella mia mente il pensiero – profetico – di un grande uomo e giurista cattolico: Carl Schmitt.

Lungi dall’essere ciò che si vuole far credere – il giurista del Terzo Reich, l’amico del nazionalsocialismo et cetera -, l’unica “colpa” che Schmitt ha è proprio quella che lo contraddistingue fra tutti i giuristi dell’ultimo secolo e lo rende quel Benito Cereno dello jus pubblicum europeum che è: l’essere cattolico.

Come tutti i difensori dell’unica religione vera, anche lui ha saputo spingere il suo sguardo in avanti e anticipare profeticamente il corso degli eventi storici.

In uno dei suoi scritti sostiene chiaramente, diversi anni prima dello scoppio della c.d. Guerra fredda, che lo scontro del XX secolo sarebbe stato tra America e Russia, tra il Leviatano e Behemoth, e così fu.

Non potendo approfondire ora la questione degli arcana che si celano dietro questa lettura della storia, mi limito a sottolinearvi che questo scontro oggi sembrerebbe ripresentarsi in tutta la sua forza, anzi probabilmente con una valenza infinitamente maggiore.

Se generalmente si è portati a vedere nella guerra fredda lo scontro tra i due principali modelli, latu sensu, di società rivoluzionaria – quella liberal-capitalista e quella social-comunista -, oggi lo scontro è evidente che sia su un campo del tutto differente.

Il liberalismo americano, dopo aver fagocitato e al contempo mantenuto al suo interno il social-comunismo russo attraverso quel meccanismo dialettico hegeliano di tesi-antitesi-sintesi, si trova ora apparentemente libero di esportare il suo ordine e la sua società rivoluzionaria in Europa e nel resto del mondo. E questo, signori, è ciò che sta avvenendo sotto i nostri occhi!

 

Capita spesso, tuttavia, che nella marcia “trionfale” della Rivoluzione si presentino problemi improvvisi che ne rallentano la corsa: oggi la minaccia è proprio la Russia di Putin.

Lo scontro è durissimo perché non investe più “soltanto” la visione economica e sociale, ma perché è esteso alla visione antropologica e alla visione teologica: si stanno combattendo l’Occidente dichiaratamente (o implicitamente, ma in fondo cosa cambia?) apostata e l’Oriente cristiano ortodosso, si stanno affrontando due ordini.

La Russia oppone la sua tradizione all’imperversare del progresso rivoluzionario e lo fa riappellandosi a ciò che è stata per secoli interi: spada temporale posta al servizio della cristianità.

Chi non vede la partita non capirà mai nulla di tutto ciò che accade nel mondo intorno a noi e capirà ancor meno delle questioni politiche.

Tutta la politica dipende da questo punto: considerare il potere temporale come posto al servizio del potere spirituale per garantire la salvezza delle anime e mantenere l’ordine naturale ed eterno, oppure ritenerlo separato e libero di forgiare da sé il proprio ordine terreno, in barba totale della Rivelazione e di Dio.

Ecco la gnosi, signori.

 

E in tutto questo l’Europa cosa fa? Naturalmente si schiera a fianco di colei che in passato l’ha aiutata e protetta, la grande America. Potremmo quasi dire che glielo deve! Ma è sufficiente conoscere in maniera più approfondita la storia per rendersi conto del fatto che quello americano tutto è stato fuorché aiuto e protezione intesi nella loro accezione autentica. In ballo c’era qualcosa di infinitamente più importante che sfugge ed è volutamente celato ai popoli: si chiama sistema economico capitalista, meglio detto sistema della moneta-debito.

L’Europa potrebbe seguire la Russia nel riappropriarsi delle proprie tradizioni e opporsi con forza a questa deriva pericolosissima per l’umanità; potrebbe anche Lei riutilizzare il simbolo che fu del Sacro Romano Impero, l’aquila bicefala, e porsi come forza frenante a disposizione del katéchon, del Papato secondo la lettura più autorevole dell’Aquinate.

Certo, questo è un altro problema che si apre innanzi a noi: quanto la Chiesa cattolica, duramente colpita anche lei dal morbo liberale, sia oggi consapevole del suo ruolo di forza frenante l’avvento dell’apostasia generale.

Ed è qui che noi fedeli, noi soldati della milizia di Cristo Nostro Signore siamo chiamati ad offrire umilmente il nostro contributo, parlando e scendendo direttamente in campo sporcando le nostre mani con il fango del mondo.

Nella preghiera e nella Santa Messa di sempre sono riposte le nostre speranze migliori, senza dimenticare di affidarci anche alla Madre di Dio, Colei che ha già schiacciato la testa della serpe nemica dell’umanità e di Dio.

Una cosa sento di poter dire ai nemici della Croce: la partita non è ancora finita (e sappiate che quando finirà ne uscirete, comunque sia, eternamente sconfitti).

Ancora 3
Un cattolico sa ...
 
 

di Thomas Cortés

"Ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo. Io sono cattolico ma faccio politica da laico": in questa frase del nostro Presidente del Consiglio c'è tutto il problema della modernità.

Io non so se è stata detta consapevolmente o meno, ma il risultato non cambia ed è tremendamente drammatico perchè si chiama apostasia.

 

Un cattolico non "giura", ma fa una cosa molto più importante: fa una promessa di fede nel momento in cui viene battezzato e non solo.

Un cattolico sa che "bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (Atti V, 29).

Un cattolico sa che la legge positiva è ordine e che la legge naturale è partecipazione alla legge divina nella creatura razionale. La gerarchia tra lex eterna, lex naturalis e legge positiva non può essere ribaltata.

Un cattolico sa che nel momento in cui interviene la legge si sta implicitamente riconoscendo come ordinata la situazione su cui si legifera (ecco perché l'insieme delle leggi è un ordinamento!).

Un cattolico sa che il principio di separazione dei poteri e quello del laicismo di stato è contrario alla divina Rivelazione (Sacra scrittura e Tradizione) e al Magistero perenne ed infallibile della Chiesa cattolica romana: è eresia, peccato mortale.

Un cattolico sa chi si cela dietro le grandi rivoluzioni moderne: i nemici dichiarati della Croce e della Chiesa.

Un cattolico sa che il sovvertimento dell'ordine naturale è un peccato sociale la cui gravità è indefinibile.

Un cattolico sa che la dottrina della Chiesa cattolica romana (l'unica nella quale, secondo il dogma, vi è la salvezza perché la sola a custodire intatto il Deposito della fede e la sola ad essere stata istituita da Dio stesso) insegna che il peccato impuro contro natura è tra i quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio.

Un cattolico sa che la storia è lotta di idee e, precisamente, lotta tra le due città di Sant'Agostino.

Un cattolico sa chi è il "principe di questo mondo" e conosce il suo intento di voler distruggere l'ordine di Dio sostituendolo con il disordine.

Un cattolico sa che da cinque secoli a questa parte si sta lentamente procedendo a sostituire l'ordine della creazione di Dio con l'ordine dell'uomo, realizzando esattamente le parole del Serpente della Genesi: "sarete come Dio".

Un cattolico sa tutto questo e molto altro ed è disposto a sacrificare la sua vita affinché non venga meno nessuno di questi punti, nessuno. 

Tutto il mondo può apostatare, rinnegando pubblicamente la fede, ma un vero cattolico di Santa Romana Chiesa no!

Se volete sovvertire l'ordine e volete farvi paladini della Rivoluzione luciferina moderna fatelo pure, ma non azzardatevi a coprirvi del santo manto del Cattolicesimo! Non azzardatevi, apostati.

Ancora 4
Alcune considerazioni sul "tempo della fine"

di Thomas Cortés

 

Prima di iniziare questo discorso intendo premettere una cosa: non oserò in alcun modo esprimere giudizi o interpretazioni personali perché non sarò certo io a pretendere di comprendere e spiegare ciò che nemmeno i Padri della Chiesa hanno saputo riferire compiutamente.

Ogni uomo di fede cattolica deve ricordare sempre, quando intende affrontare la questione della fine della storia, che “quanto a quel giorno e a quell'ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Mt. 24,36).

Ciò che intendo fare, pertanto, è semplicemente un’acritica presentazione dei fatti, di modo che ognuno possa poi trarne le conseguenze che meglio crede.

Cosa sappiamo con certezza riguardo il tempo finale? San Paolo (II Tess., 2) scrive che prima dell’avvento dell’uomo senza legge (ο ανθρωπος της ανομιας) vi sarà un periodo di apostasia (η αποστασια) nel quale la fede sarà pubblicamente rinnegata.

Ciò su cui voglio richiamare la vostra attenzione è proprio l’apostasia che precederà la venuta dell’Anticristo, senza affrontare i problemi interpretativi legati al termine ανομος e quelli, altrettanto complessi, connessi alla figura del κατεχων (“colui che trattiene”).

Anzitutto è bene dire sin da subito che il rinnegamento della fede (cattolica) costituisce un problema, per così dire, tutto “europeo-occidentale” per il fatto evidente che solo chi è stato cattolico può apostatare.

Quest’affermazione consente di svelare il senso della storia degli ultimi secoli lasciando chiaramente intendere chi si celi dietro l’apostasia e perché, dal 1500 ad oggi, tutti gli sforzi compiuti siano stati rivolti ad un obiettivo preciso: la distruzione dell’ordine cristiano medioevale e l’attacco luciferino alla Chiesa di Roma.

Se l’obiettivo è creare una società apostata, per ottenerlo occorre combattere necessariamente l’unico ostacolo che vi si frappone (il κατεχων) e strappargli dalle mani le sue due “spade”, quella spirituale e quella temporale.

Ebbene, credo sia possibile sostenere che questo sia esattamente ciò che è avvenuto attraverso le rivoluzioni moderne gnostiche che hanno inculcato nella mente degli uomini, tra le tante falsità sul piano latu sensu politico, l’eresia della separazione della sfera spirituale da quella temporale (è eresia perché nega il dogma di fede, fondato sulla Rivelazione, della “distinzione” tra le due sfere nel rispetto del principio gerarchico tra ciò che è spirituale e ciò che è temporale, un dogma costantemente tramandato dalla Chiesa cattolica fino al 1958 [1]), creando le premesse per uno scollamento totale tra società umana e Dio, e che, sul piano spirituale, hanno instillato nel pensiero dell’uomo l’idea luterana – e, quindi, altrettanto eretica - di una religione di “sola coscienza” che immanentizza Dio, nega alla radice l’idea che possa esistere solo un’unica vera religione e genera necessarimanete l'ateismo (come dimostrato, del tutto coerentemente, da Feuerbach).

Chi ne esce indebolito da tutto questo? La Chiesa cattolica, l’unica nella quale v’è la Salvezza (anche se, ad onor del vero, sono i cattolici a subirne le conseguenze, non certo la Chiesa in sè).

Risulta chiaro, ad occhi non offuscati dalla fitta nebbia della menzogna e dell’errore, che oggi la situazione è drammatica se vista attraverso la giusta lente.

I Nemici della Croce hanno sempre ben saputo che la partita non si sarebbe mai potuta concludere senza un attacco diretto alla Chiesa stessa e, ancora più precisamente, al Papato (il κατεχων, stando alla lettura autorevole dell'Angelico): se arrivi al pastore è più facile disperdere il gregge.

Ecco perché oggi noi uomini e donne fedeli alla tradizione soffriamo: vediamo che i principi liberali, rivoluzionari, modernisti e gnostici sono portati avanti non solo da membri, per così dire, laici ma anche da parte della gerarchia ecclesiastica (veri e propri "lupi travestiti da agnelli") e vengono assorbiti passivamente dai fedeli non accorti.

Il colpo di maestro è questo: aver protestantizzato la Chiesa cattolica ed aver reso gli uomini implicitamente gnostici e rivoluzionari.

E il dramma assoluto è che tutta questa diabolica manovra abbia invaso anche la più alta assise che la Chiesa cattolica conosce: un Concilio ecumenico (per quest'ultimo concilio - pastorale, non dogmatico - sarebbe più corretto parlare di “conciliabolum”) [2].

Senza affrontare ora il problema legato ai testi conciliari (quindi è un problema avente carattere oggettivo) e prima di essere tacciato per quello che non sono assolutamente, vorrei sottoporre alla vostra attenzione una recente notizia. Sembrerebbe che il Terzo segreto di Fatima non sia stato reso noto nella sua interezza, ma che vi sia una parte volutamente taciuta che parla di un “cattivo Concilio” e di una “cattiva Messa” che sarebbero comparsi in futuro!

Considerando vera questa notizia e sempre per non saper né leggere né scrivere, circa quarant’anni dopo quell’apparizione della Nostra Signora voi cosa avreste fatto leggendo il contenuto integrale del terzo Segreto? Avreste indetto un Concilio tacciando tutti quelli che guardavano con preoccupazione agli eventi raccontati da Suor Lucia dos Santos di essere “profeti di sventura”? Avreste modificato la liturgia, il cuore del cattolicesimo? 

Sia chiaro: non sto condannando nessuno. Sto solo prendendo atto di una verità: io, da cattolico, credo a Fatima e non riuscirò mai a comprendere come sia stato possibile fare ciò che è stato fatto sapendo.

Se non è mia intenzione soffermarmi sul discorso “concilio” pur riconoscendone l’urgenza, tuttavia ciò che ho scritto assume un senso profondo ai fini del nostro discorso sull’apostasia.

Una Chiesa invasa dai principi rivoluzionari è inevitabilmente indirizzata sul sentiero del rinnegamento della fede cattolica tradizionale per la semplice ed evidente ragione che quei principi sono frutto delle idee di nemici dichiarati di Cristo e della Sua Chiesa. Impossibile far convivere gnosticismo (antico e moderno) e cattolicesimo romano. Impossibile!

È per paura di questo terribile attacco che i grandi Pontefici che si sono susseguiti tra le fine del XIX secolo e l’inizio del XX hanno indirizzato tutte le loro forze nel condannare gli errori del modernismo, del liberalismo, della massoneria ed hanno eretto barriere per resistere a questa forza distruttiva: pensate al giuramento anti-modernista prescritto da San Pio X e reso obbligatorio per ogni sacerdote o alle preghiere (Ave Maria, Salve Regina e quella a San Michele Arcangelo) poste a termine della Santa liturgia da Papa Leone XIII e il Suo esorcismo contro Satana e gli angeli ribelli!

Avete letto bene: Papa Pecci ha chiamato in nostra protezione San Michele, il generale delle milizie celesti, ed ha preparato una preghiera esorcista! Vi rendete conto di cosa significa o no?

Una domanda sorge spontanea: “profeti di sventura” anche loro o Pastori preoccupati per il gregge affidatogli?

Come se questo non fosse sufficiente a far quantomeno dubitare dei tempi in cui viviamo, per concludere voglio riportare solo alcune profezie della Beata Anna Katharina Emmerick (1774-1824) che non possono in alcun modo non far riflettere perché risulta agghiacciante vedere come si sia tutto inevitabilmente avverato nel corso degli ultimi decenni.

Lungi dal voler creare inquietudine negli animi, desidero solo mettere a conoscenza dei fatti.

So bene che approcciarsi alle profezie è assai rischioso per dei semplici fedeli, ma ciò non toglie che, con un sano atteggiamento di prudenza, sia doveroso sottoporle alla nostra conoscenza e alla retta ragione ed è esattamente questo ciò che intendo fare.

Ecco le più interessanti:

 

"Vidi anche il rapporto tra i due papi... Vidi quanto sarebbero state nefaste le conseguenze di questa falsa chiesa. L’ho veduta aumentare di dimensioni; eretici di ogni tipo venivano nella città [di Roma]. Il clero locale diventava tiepido, e vidi una grande oscurità... Allora la visione sembrò estendersi da ogni parte. Intere comunità cattoliche erano oppresse, assediate, confinate e private della loro libertà. Vidi molte chiese che venivano chiuse, dappertutto grandi sofferenze, guerre e spargimento di sangue. Una plebaglia selvaggia e ignorante si dava ad azioni violente. Ma tutto ciò non durò a lungo". (13 maggio 1820)

 

"Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola... Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto... C’erano solo divisioni e caos. Si tratta probabilmente di una chiesa di umana creazione, che segue l’ultima moda, così come la nuova chiesa eterodossa di Roma, che sembra dello stesso tipo...". (12 settembre 1820)

 

La Messa era breve. Il Vangelo di San Giovanni non veniva letto alla fine” (1820).

 

"Vedo il Santo Padre in grande angoscia. Egli vive in un palazzo diverso da quello di prima e vi ammette solo un numero limitato di amici a lui vicini. Temo che il Santo Padre soffrirà molte altre prove prima di morire. Vedo che la falsa chiesa delle tenebre sta facendo progressi, e vedo la tremenda influenza che essa ha sulla gente. Il Santo Padre e la Chiesa sono veramente in una così grande afflizione che bisognerebbe implorare Dio giorno e notte". (10 agosto 1820)

 

"Vidi cose deplorevoli: stavano giocando d’azzardo, bevendo e parlando in chiesa; stavano anche corteggiando le donne. Ogni sorta di abomini venivano perpetrati là. I sacerdoti permettevano tutto e dicevano la Messa con molta irriverenza. Vidi che pochi di loro erano ancora pii, e solo pochi avevano una sana visione delle cose. Vidi anche degli ebrei che si trovavano sotto il portico della chiesa. Tutte queste cose mi diedero tanta tristezza". (27 settembre 1820)

 

"La Chiesa si trova in grande pericolo. Dobbiamo pregare affinché il Papa non lasci Roma; ne risulterebbero innumerevoli mali se lo facesse. Ora stanno pretendendo qualcosa da lui. La dottrina protestante e quella dei greci scismatici devono diffondersi dappertutto. Ora vedo che in questo luogo la Chiesa viene minata in maniera così astuta che rimangono a mala pena un centinaio di sacerdoti che non siano stati ingannati. Tutti loro lavorano alla distruzione, persino il clero. Si avvicina una grande devastazione". (1 ottobre 1820)

 

"Quando vidi la Chiesa di San Pietro in rovina, e il modo in cui tanti membri del clero erano essi stessi impegnati in quest’opera di distruzione - nessuno di loro desiderava farlo apertamente davanti agli altri -, ero talmente dispiaciuta che chiamai Gesù con tutta la mia forza, implorando la Sua misericordia. Allora vidi davanti a me lo Sposo Celeste ed Egli mi parlò per lungo tempo...

Egli disse, fra le altre cose, che questo trasferimento della Chiesa da un luogo ad un altro significava che essa sarebbe sembrata in completo declino. Ma sarebbe risorta. Anche se rimanesse un solo cattolico, la Chiesa vincerebbe di nuovo perché non si fonda sui consigli e sull’intelligenza umani. Mi fece anche vedere che non era rimasto quasi nessun cristiano, nell’antico significato della parola". (4 ottobre 1820)

 

“Poi vidi che tutto ciò che riguardava il Protestantesimo stava prendendo gradualmente il sopravvento e la religione cattolica stava precipitando in una completa decadenza. La maggior parte dei sacerdoti erano attratti dalle dottrine seducenti ma false di giovani insegnanti, e tutti loro contribuivano all’opera di distruzione.

In quei giorni, la Fede cadrà molto in basso, e sarà preservata solo in alcuni posti, in poche case e in poche famiglie che Dio ha protetto dai disastri e dalle guerre". (1820)

 

"Vidi che molti pastori si erano fatti coinvolgere in idee che erano pericolose per la Chiesa. Stavano costruendo una Chiesa grande, strana, e stravagante. Tutti dovevano essere ammessi in essa per essere uniti ed avere uguali diritti: evangelici, cattolici e sette di ogni denominazione. Così doveva essere la nuova Chiesa... Ma Dio aveva altri progetti". (22 aprile 1823)

 

"Nel centro dell’inferno ho visto un abisso buio e dall’aspetto orribile e dentro di esso era stato gettato Lucifero, dopo essere stato assicurato saldamente a delle catene…Dio stesso aveva decretato questo; e mi è stato anche detto, se ricordo bene, che egli verrà liberato per un certo periodo cinquanta o sessanta anni prima dell’anno di Cristo 2000. Mi vennero indicate le date di molti altri eventi che non riesco a ricordare; ma un certo numero di demoni dovranno essere liberati molto prima di Lucifero, in modo che tentino gli uomini e servano come strumenti della vendetta divina."

Non credo vi sia molto da spiegare, amici.

Solo una cosa ci tengo a sottolineare: queste profezie e il terzo segreto di Fatima parlano inequivocabilmente di tribolazione per la Chiesa Cattolica, è innegabile.

Mi chiedo allora perché non se ne voglia nemmeno parlare? Perché non affrontare insieme il discorso? Possibile che gli uomini siano diventati così sciocchi e così confusi da non saper più distinguere gli amici dai nemici?

Mi guardo intorno e tremo perché vedo chiaramente la confusione che regna sovrana, perché vedo intorno a me l’apostasia, fuori e dentro la Chiesa. Non so con certezza se è quella di cui parla Paolo (ma credo di sì) o se ne costituisce solo un “assaggio”, ma resta il fatto che c’è.

Ho solo un consiglio fraterno da darvi: pregate ardentemente e restate fedeli al cattolicesimo di sempre e non avrete nulla di che temere, nulla.

Dopotutto questo è solo ciò su cui Nostro Signore ci ha messo bene in guardia ammonendoci anche del fatto che solo “chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato” (Mt. 24, 13).

Oggi il mare è sicuramente in tempesta, ma la barca della Chiesa cattolica romana lo solca senza timore e noi, nonostante tutto e tutti, dobbiamo solo perseverare e non abbandonarla mai. 

Come si "persevera"? Semplicemente dicendo e facendo ciò che è sempre stato tramandato e custidito attraverso i secoli ("di mano in mano", insegna il Concilio dogmatico di Trento) nel sacro Depositum Fidei affidato alla sola Chiesa cattolica romana. Non esistono altre vie!

 

 

 

 

[1] La Bolla "Unam sanctam" (18 novembre 1302) di Papa Bonifacio VIII definisce in maniera inconstabile il dogma della distinzione tra le due sfere.

 

[2] Sul Concilio Vaticano II cfr. R. De Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, ed. Lindau (2010), Torino; B. Gherardini, Concilio ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, ed. Casa Mariana editrice (2009), Frigento (AV); P. Pasqualucci, Unam Sanctam, ed. Solfanelli (2013), Chieti; M. Lefebvre, Lo hanno detronizzato, ed. Tabula Fati (2009); R. Amerio, Iota unum, ed. Lindau (2009), Torino.

 

Ancora 5

Sul falso mito della sovranità popolare

di Thomas Cortés

 

Tutto ciò che viene insegnato nelle facoltà di giurisprudenza del nostro tempo poggia su un assioma fondamentale considerato come presupposto intoccabile: la giustizia assoluta della carta costituzionale.

Il problema, filosofico e quindi giuridico, sta però proprio nel fatto che questo presupposto, questa idea fondamentale non è dimostrata ma semplicemente considerata giusta aprioristicamente.

Compito del filosofo e del giurista puro è quello di porsi le domande e di trovare le risposte corrette ad ogni sorta di problema e questione, compresa quella costituzionale.

Ecco, allora, perché mi accingo a scrivere queste righe su un argomento tanto delicato e importante per la nostra società, ma non potendo affrontare il problema in modo compiuto mi limiterò solamente a mostrare la matrice filosofica delle costituzioni repubblicane prendendo spunto dal primo articolo di quella italiana. Al buon senso del lettore le conseguenze pratiche del mio ragionamento.

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1, Cost. it.).

Richiamo l’attenzione sull’espressione fondamentale ai fini del nostro discorso: “la sovranità appartiene al popolo”. Tutto l’impianto si regge sulla pseudo verità di questa idea e, quindi, dimostrarne l’erroneità comporta il necessario ripensamento dell’idea di carta costituzionale come atto fondamentale nonché di interi secoli di storia. La sfida è immane, ma vale la pena affrontarla.

Il concetto della sovranità popolare, tanto caro alla filosofia moderna rivoluzionaria e soprattutto al “nostro caro amico” J.J. Rousseau, è un falso filosofico di dimensioni colossali che viene fatto passare alla moltitudine come vero e giusto (e ciò costituisce il problema concreto più grande per chiunque voglia tentare di far capire qualcosa a qualcuno di filosofia e di diritto).

L’idea rivoluzionaria poggia tutta su un assunto: l’uomo, centro di tutto, non incontra alcun limite al di fuori della sua volontà particolare e di quella generale. Se è vero – come è vero – che è sovrano solamente chi detiene stabilmente il potere e non ha nessuno al di sopra di lui, allora bisognerà necessariamente ammettere che l’uomo del pensiero moderno è tutto e può tutto. In sostanza, un sovrano o non ha limiti o non è.

Ogni costituzione moderna, da quella americana in avanti, ritiene vera questa tesi della sovranità popolare e la considera il frutto più genuino del progresso (rivoluzionario) umano, ma è proprio qui la trappola infernale appositamente studiata.

La modernità parte da presupposti che non si prende la briga di dimostrare realmente perché conta sul fatto che tutti le credano e nessuno faccia lo sforzo di andar a vedere se ciò che dice sia effettivamente vero o, piuttosto, sia falso: da Lutero in poi tutti i più importanti filosofi giocano sul far considerare le loro idee come dogmi indiscutibili.

È questo oggi il nostro problema: dobbiamo tornare indietro e abbattere la menzogna che si è infiltrata nelle nostre menti per colpa di interi secoli di falsi principi e ancor più false idee.

Non è vero che la sovranità appartiene al popolo, perché la sovranità appartiene solo a Dio.

Badate bene: affermare ciò non significa essere nemici dell’umanità, ma semmai i suoi più cari amici! Gli stolti attaccano senza argomentazioni quando devono rispondere a qualcuno che gli nega il dogma della sovranità popolare e lo fanno per necessità proprio perché non esistono argomenti validi per controbattere la verità!

Insegnare che la sovranità non appartiene all’uomo non vuole dire essere dittatori o spietati monarchi assolutisti nemici del popolo, ma significa aver a cuore il destino ultimo degli uomini (la salvezza eterna).

La filosofia perenne dimostra e spiega che sono tre le possibili forme di governo e nessuna delle tre è “perfetta” di per sé o migliore delle altre: in nessuno dei tre casi, però, la sovranità è del popolo né tantomeno nel popolo.[1]

La modernità, al contrario e come risulta evidente anche all’uomo più distratto, ritiene che solo la repubblica e la democrazia siano le forme politiche della società umana che rispettino veramente la dignità umana: notate il cammino del mondo intero verso l’instaurazione delle repubbliche sorelle di I. Kant, verso la “repubblicanizzazione” totale dei popoli.

Il motivo? La repubblica è il costitutivo formale della società rivoluzionaria anti-cattolica e nemica di Dio, ecco la ragione.

È molto sottile il passaggio sulla dignità: considerare la repubblica moderna, cioè quella repubblica fondata sul dogma della sovranità dell’uomo e sulla sua onnipotenza, come l’unica forma degna dell’essere umano significa necessariamente sostenere che la dignità dell’uomo risieda proprio nell’essere sovrano assoluto e, quindi, nell’essere “come Dio” (Genesi 3,5). È gnosi.

Fate ben attenzione, il problema non sono la democrazia e la repubblica nella loro accezione autentica e pura, ma è l’idea che la sovranità spetti all’uomo! Se una data comunità volesse optare per una forma democratica di esercizio del potere allora quella società (controrivoluzionaria) poggerebbe tutto l’assetto politico sull’idea (questa sì giusta) di un potere delegato attraverso il “popolo-canale”.

La differenza tra la democrazia pura (politeia) e il democratismo (o, più semplicemente, “democrazia moderna”) è tutta nel fatto che la prima si fonda sull’equa partecipazione al potere da parte del popolo formato da persone, il secondo invece si basa sul popolo come massa informe e considerato in maniera unitaria come soggetto a sé.

Il popolo non è la moltitudine intesa come insieme indifferenziato di individui e, quindi, il potere non può assolutamente risiedere in lui come pretende di dimostrare il contrattualismo moderno di matrice illuminista. Passa qui la fondamentale distinzione tra i concetti di communitas e societas.

Aristotele insegna chiaramente che la prima è un insieme di persone che, appartenendo ad una certa realtà in maniera consapevole, si riconosce in un fine comune che, in forza della naturale relazione di prossimità di ogni uomo, spinge a fondare lo Stato. L’uomo è animale sociale per natura, dice il filosofo di Stagira.

La modernità rivoluzionaria, sovvertendo questa verità assoluta, fa credere che si tratti piuttosto di una societas, cioè un insieme di persone che perseguono i propri interessi individuali scegliendo, secondo un calcolo che potremmo definire di convenienza o di opportunità, di vivere sotto un potere sovrano: il pactum (o contratto sociale) è lo strumento prescelto per la costituzione della società.

La teoria moderna è talmente assurda che ha la necessità, per dare un’apparenza di correttezza logica e di solidità, di ricorrere al mito dello stato di natura preesistente ogni società, una situazione che nega in radice l’idea della naturale socievolezza dell’uomo come animale politico (Aristotele) e che non viene mai dimostrata ma semplicemente presupposta.

Pensate alla vicenda americana: i nativi americani non costituivano comunità sociale agli occhi degli europei, non erano alcunchè! Il suolo americano era considerato res nullius, "terra di nessuno". Fu sufficiente firmare un compact (quello del Mayflower è del 1620) per poter vantare diritti assoluti in quella nuova realtà. Sembra una storia fantasiosa, ma invece accadde esattamente questo.

Il costituzionalismo nasce in forza di questa idea di societas e, quindi, svelarne la falsità comporterebbe inevitabilmente un ripensamento dell’idea di costituzione che sia in linea con la verità filosofica dimostrata.

Tra le due idee corre il problema della sovranità: solo nel secondo caso l’uomo, titolare di diritti naturali inviolabili che – ecco il dramma – scopre ex se con il solo uso della ragione “etsi Deus non daretur” (Ugo Grozio), si ritiene unico reale detentore della sovranità.

La filosofia perenne, al contrario, insegna che, a prescindere dalla forma di governo adottata, chiunque eserciti il potere in modo legittimo debba avere la piena consapevolezza di non essere l’origine della sovranità; chi detiene il potere deve considerarsi sempre e costantemente subordinato all’unica reale origine della sovranità: Dio in Persona.

Il pensiero costituzionale moderno insegna il falso mascherandolo dietro un finto velo e utilizzando concetti di per sé nobili come la libertà, l’uguaglianza, la fratellanza, la democrazia (peccato che questi concetti debbano essere intesi in senso massonico! Basta conoscere la storia per sapere chi si cela dietro le grandi rivoluzioni della modernità e per capire facilmente che da lì nulla di buono potrà mai venire all’uomo).

Nel mondo giuridico si spiega che ogni costituzione sia, allo stesso tempo, il limite e la fonte del potere costituito.

Posso concordare in linea di principio sul primo aspetto, non sul secondo: la costituzione non può essere né sarà mai realmente la fonte prima del potere se la si ritiene l’atto fondamentale d’esercizio del potere da parte della Nazione sub specie di assemblea costituente. Questa idea postula la fede nel dogma della sovranità del popolo, nell’idea che l’uomo sia sovrano e fonte di autorità: tutto ciò va rifiutato perché falso.

La partita che si gioca su questo campo è, come sempre, la solita: “con Dio o contro Dio”, tertium non datur!

Non è possibile far convivere insieme l’idea cattolica e quella rivoluzionaria; è impossibile far coesistere l’insegnamento di San Paolo (“non c’è autorità se non da Dio”, Rm. 13,1) e quello della filosofia moderna.

La falsità del pensiero filosofico rivoluzionario è messa a nudo anche dal pensiero di due pagani come Platone e Aristotele, i più alti esempi d’esercizio corretto della sola ragione umana (cosa che, di per sé, è indice del fatto che l’intelletto umano tenda per sua stessa natura alla verità!).

La sovranità popolare è gnosi perché è l’affermazione dell’uomo-Dio che trova in sé la fonte ultima del potere, dell’uomo completamente autosufficiente che rende tutto immanente alla sua ragione (dal diritto a Dio!).

Il processo rivoluzionario ha utilizzato l’arma del costituzionalismo per combattere l’ordine cristiano sovvertendolo dall’interno di un sistema di legalità apparente: una mossa di astuzia luciferina.

Se volete la cifra della battaglia che si sta combattendo pensate al fatto che nel giro di un secolo esatto, nel nostro bel Paese, si è passati da un’idea cattolica di costituzione ad una completamente anti-cattolica.

Il primo articolo dello Statuto Albertino (1848) così recita: “La religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi”. Tralasciando, per adesso, il fatto che questo articolo è più cattolico di alcuni passi dei testi del Concilio Vaticano II [2], come è facile notare qui non vi è nemmeno l’ombra della fantomatica sovranità popolare!

Il primo articolo della Costituzione della Repubblica italiana (1948), invece, sancisce che: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Ecco le due città, le due idee: quella cattolica e quella gnostica.

Spesso dico che mi piacerebbe moltissimo “levarmi un sassolino dalla scarpa” facendo due semplici domande.

La prima, rivolta ai politici e agli uomini di “cultura”: “Qual è la vostra visione antropologica e quale quella teologica?”.

La seconda è per gli uomini semplici, per le persone che ho più a cuore: “Vi sentite davvero sovrani?”.

Dai primi, ammesso che abbiano capito realmente la domanda, non mi aspetto nemmeno una risposta perché o non la sanno o non lo ammetteranno mai pubblicamente; dai secondi, nonostante l’indottrinamento culturale che hanno subito e continuano a subire quotidianamente, sono certo di sentire un bel “no!”.

 

 

[1] Le forme di governo sono tre: la monarchia intesa come “governo di uno solo”, l’aristocrazia come “governo dei migliori” e la “politeia” considerata come “governo assegnto alla sanior pars populi”. La soluzione più adatta alla natura umana è quella mista data dall’unione della monarchia, dell’aristocrazia e della democrazia pura.

 

[2] Per esempio, lo Statuto, in perfetta linea con tutto il magistero bimillenario della Chiesa romana, parla di “tolleranza degli altri culti” mentre il Concilio riconosce il “diritto naturale” alla “libertà religiosa” (cfr. Dignitatis humanae), difendendo un’idea (falsa) della filosofia moderna rivoluzionaria invece della Verità rivelata.

Secondo il Concilio, il Signore di tutto l'universo e Creatore di ogni cosa avrebbe creato la natura umana con un diritto assoluto e inviolabile (quindi, naturale) ad adorare altri al di fuori di lui! Sarebbe interessante sapere come si combina, secondo loro, questa affermazione con il primo dei Dieci Comandamenti («Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio fuori che me»), ma temo che non riceverò mai risposta.

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The Eagles (dalla colonna sonora di "The Lord of the Rings. The return of the King") - H. Shore ft. R. Fleming
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