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Della scienza politica ed economica (parte prima)

 

Avete mai pensato alla differenza tra communitas e societas? I termini si riferiscono a due concezioni differenti di Stato. La comunità in generale è un insieme di persone che stanno insieme, perché hanno un fine comune, appartengono ad una realtà e sanno di appartenerci. Fondano lo stato in virtù di una relazione naturale di prossimità, come prodotto della propria natura relazionale, perché concepiscono l’uomo come animale sociale. La società, invece, indica un insieme di persone che, in una condizione non conflittuale, perseguono, insieme, ognuno gli interessi individuali. Tali persone scelgono di vivere sotto un unico potere sovrano per un calcolo di opportunità, tramite un contratto che conserva una naturale estraneità reciproca.

Badate bene: i secondi non sono necessariamente una massa di egoisti, che non hanno nessuna considerazione del bene comune. L’egoismo riguarda una questione morale. Si tratta, invece, di rivendicare per sé e per gli altri diritti individuali e opporsi a qualsiasi forma di collettivismo. Insistono nel ritenere che il bene comune si raggiunge per mezzo delle conseguenze non intenzionali delle azioni dei singoli. Rileggete con attenzione la frase: conseguenze non intenzionali delle azioni dei singoli. Come dire: ognuno attua una serie di azioni, prevedendo delle finalità. Ma queste azioni hanno anche conseguenze non previste, che non sono calcolate, come intenzione prima, da chi compie l’azione. Attenzione: non si tratta di effetti collaterali in senso negativo. Anzi. Secondo la dottrina liberale, il mercato si regge proprio sulle conseguenze non intenzionali. Se la creazione di serrature, da parte di un fabbro che vuole arricchirsi vendendole, non avesse, come conseguenza non intenzionale, il beneficio di tutti coloro che cercano porte blindate per le proprie dimore, non si avrebbe nessun mercato libero. Invece il mercato ha una sorta di mano invisibile (Adam Smith) che rende complementari la ricerca individuale del profitto e il beneficio verso altri, recato da questa ricerca, anche se prodotto non in modo intenzionale. Nessun fabbro realizza serrature perché preoccupato della sicurezza altrui: realizza serratura per guadagno. Ma questa attività in effetti produce beneficio per altri: i suoi clienti! Funziona questa dottrina? Il matematico Nash (quello del film straordinario A Beautiful Mind) ebbe modo di rivedere e perfezionare la dottrina classica. Ad ogni modo sembra funzionare. Anche se sarebbe troppo superficiale credere che ogni individuo in modo asettico e meccanico possa finalizzare la sua vita alla ricerca del benessere materiale, razionalizzando in maniera rigida tutte le sue azioni. Come indicato da A. Sen, subentrano altre variabili. Il mercato funziona senza l’intervento dello Stato, senza regole imposte, senza assistenzialismo statalista che obbliga i cittadini-figli minorenni ad accettare la sola versione del servizio pubblico, offerto con un elevatissimo sistema fiscale (a detrimento della responsabilità e soprattutto della libertà di scelta che ognuno rivendica). Tuttavia. Tuttavia si potrebbero aggiungere molte critiche. Io indico quella che mi sembra più importante. E dopo tutto non è una critica. È una precisazione storica.

L’unico modello di sistema liberale che conosciamo, di fatto da poco più di tre secoli, a partire dalla fondazione della Banca Nazionale di Inghilterra (1694), è un sistema basato sulla emissione della moneta (cioè lo strumento di misura del valore di un bene e lo strumento che incorpora il potere di acquisto di quel bene) come «debito». Nessuna moneta che circola al mondo è una effettiva proprietà di chi la usa, perché nello stesso momento in cui viene emessa, è ascritta a debito.

È possibile pensare ad un sistema di libero mercato, in cui la moneta sia una proprietà del popolo?

La risposta è difficilissima. Ma se pensate a qualcosa di comunista, vi sbagliate assolutamente. Stalin privatizzò nel 1937 la Banca Nazionale. Ebbene sì. Il più grande sistema comunista emetteva moneta-debito esattamente come Wall Street!!

 

 

 

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Ancora 1

Della scienza politica ed economica (parte seconda)

 

Ci sono alcuni che criticano il processo di unificazione europea. Dicono di non essere anti-europeisti. Sono contro questo processo di unificazione: dicono che per molti versi sia un processo che nega la storia, nega l’identità dei popoli, nega la sovranità politica ed economica degli stati. Solitamente le loro posizioni non vengono studiate: vengono sottoposte a silenzio, dietro retoriche buoniste, dietro una sempre utile accusa di razzismo. Il linguaggio del politicamente corretto, con la parvenza della tolleranza, impone un regime di silenzio e retorica. A me piace affrontare le questioni sul piano della logica. Rispondere a tono, sul piano degli argomenti. Chi rifiuta il confronto e produce solo accuse, non ha argomenti. È un mercenario di slogan. A me piace avere argomenti. Voglio essere sincero: ho un senso fortissimo di nausea e orticaria quando devo discutere con cristiani che hanno trasformato il cristianesimo in lotta di classe, la religione in ancella della rivoluzione, non vedono nulla di Gesù vero Dio, ma tutto di Gesù - Che Guevara, il Nazareno comunista. In Italia li chiamano catto-comunisti: il peggior prodotto culturale della Prima Repubblica! Tuttavia mi piace studiare Marx. Perché? Io non condivido nulla di quello che ha scritto Marx. Eppure argomenta posizioni, ha una sua logica, una sua coerenza, una sua visione dell’uomo, di Dio, della storia. E senza ambiguità (altro vizio che non sopporto), è esplicito e chiaro. Una di queste volte, vi scriverò in merito.

Tornando al processo di unificazione europea, devo dire che analizzando la storia e le ideologie, non ho trovato nessuna dimostrazione contraria alle critiche. Io sono per la sovranità degli stati e non per una federazione di repubbliche sorelle. Le repubbliche sorelle sono di origine giacobina e rivoluzionaria. Politicamente parlando, dipendono dall’illuminismo, dalle opere di Kant, da visioni massoniche di pace, da visioni antropologiche basate sulla negazione del peccato (gnosi ottimistica), da visioni della storia basate sul progresso immanente e razionale, che laicizza, in senso anticristiano, il fine dello stato e secolarizza la Provvidenza cristiana.

Meriterebbe tornare a discutere della guerra di secessione americana: troppo spesso la questione si limita al problema razziale (lo schiavismo negli stati del sud) o al problema economico (l’economia agricola dei sudisti, contro l’economia protezionista e industriale dei nordisti); chi approfondisce qualcosa aggiunge la componete religiosa, perché nella storia della formazione delle tredici colonie e degli stati centrali, via via annessi nei successivi sessanta anni dopo l’indipendenza, la diffusione delle sette protestanti è differente. E tra fedeli alla chiesa d’Inghilterra (anglicani) e puritani non correva buon sangue dai tempi della guerra civile in Madrepatria nella prima metà del Seicento.

Nessuno però si sofferma mai sulla questione politica: i sudisti volevano una confederazione. Lottarono anche per la sovranità politica ed economica di ciò che ritenevano il proprio Stato. Avrebbero combattuto ancora di più contro la fondazione nel 1913 (un anno prima dello scoppio della prima guerra mondiale) della Banca Federale (FED).

A questo proposito è opportuna una precisazione: chi critica l’Euro e la BCE (come fanno i partiti contrari all’Unione Europea), per tornare alla Lira, ma non affronta la questione monetaria, fin dai principi primi, non raggiunge nessun valido obiettivo.

Ancora 2

Della scienza politica ed economica (parte terza)

 

Nel 1555 si afferma in Europa occidentale un principio politico-religioso: cuius regio, eius religio. Si tratta del principio moderno di sovranità confessionale. La confessione del sovrano determina quella del popolo-nazione. Questo principio è riconosciuto valido nella pace di Westfalia (1648), dopo una guerra durata 30 anni tra i paesi europei, da cui dipenderà la struttura geopolitica dell’Europa fino alla Rivoluzione francese e a Napoleone. Il limite si potrebbe estendere alla prima guerra mondiale e all’Europa distrutta, come condizione per predisporre una Società delle Nazioni (Ginevra, 1919), quindi, dopo la seconda distruzione (1939-1945), l’ONU.

Il principio politico-religioso dipendeva dalla frattura religiosa e politica causata da Lutero e dalla strumentalizzazione anti-imperiale dei principi tedeschi; la stessa Francia cattolica di Richelieu, proprio nella guerra dei 30 anni, avrebbe utilizzato queste divisioni in chiave anti-asburgica, per contendere all’Impero (cattolico) la supremazia continentale. Si tratta di uno stato in cui la legge positiva in sé autonoma, ma non ammette all’interno della propria nazione se non una confessione cristiana (cattolica e una tra quelle protestanti). Le altre confessioni, a seconda dei casi, sono osteggiate, confinate in alcuni territori, limitate nel proselitismo pubblico, tollerate con appositi editti.

Con la Rivoluzione francese si afferma, con la parvenza della tolleranza e con il desiderio di Voltaire di non scannarci più per paragrafi, il principio della non confessionalità dello Stato. Nasce, cioè, lo Stato di diritto, basato sulla realizzazione sacra del Codice, che sarebbe divenuto sintesi suprema del diritto naturale e del diritto positivo di ogni cittadino: ora riconosciuto uguale di fronte alla Legge, indipendentemente dalla sua confessione cristiana. In questo processo di emancipazione confessionale, nell’Ottocento subentra anche la richiesta da parte degli ebrei di essere riconosciuti come cittadini di pari diritti e doveri di fronte allo Stato.

Marx – da filosofo ebreo – scriverà un’opera critica in merito, insistendo sull’emancipazione finale dell’uomo, sia dalla proprietà privata, sia da Dio in senso assoluto.

La laicità è allora la forma contemporanea degli stati dell’Europa occidentale, che rifiuta ogni tipo di commistione pubblica con le confessioni cristiane moderne. In questo processo sono state assorbite via via tutte le religioni positive. Il Codice diventa garanzia di tolleranza, libertà religiosa. Quanto la fine della sovranità politica ed economia diviene garanzia di pace e fratellanza globale. Questa è la retorica ufficiale.

Il problema però è che l’uomo ha sua dimensione religiosa intrinseca ed è sempre la visione dell’uomo che determina quella politica ed economica. Lo stato laico non è affatto uno stato a-religioso. L’affermazione generale «questo stato è a-religioso» è una contraddizione in termini.

Perché sia uno stato, avrà necessariamente una sua visione antropologica, quindi una visione religiosa. Pensateci bene: come mai, proprio lo stato ottocentesco celebra la Nazione sull’Altare della Patria? Come mai il massone Mazzini era perfettamente consapevole della necessità di una religione civile del e per il popolo? Mazzini era scettico quanto all’ateismo dei marxisti. Curiosità vuole che sia Mazzini, sia i marxisti hanno una visione gnostica dell’uomo: una fede nell’umanità, nella storia come progresso, nel mondo futuro. Mazzini umanizzava il Verbo di Dio, interpretandolo come Umanità; Marx riconosceva indirettamente e simbolicamente alla Incarnazione dei cristiani, la verità storica della umiliazione dell’uomo, la cui morte in croce avverrebbe in realtà nella fabbrica borghese. Pensate: criticava i socialismi utopici perché non riconoscevano il ruolo storico-messianico del proletariato. Verrebbe da chiedere: come è possibile che il teorico dell’emancipazione religiosa come ultima forma di emancipazione umana, riconosca al proletariato il ruolo storico-messianico? Da dove deriva questo concetto messianico applicato alla classe operaia? Marx era ebreo e gli ebrei non hanno un concetto di Messia sofferente (per quanto in Isaia è scritto molto in merito), tuttavia alcuni rabbini durante il Medioevo e poi in età moderna, re-interpretano il concetto di Messia: non più un uomo, ma il popolo d’Israele in quanto tale, la collettività. È possibile che Marx abbia combinato entrambi gli aspetti? Una collettività messianica e sofferente. Vale a dire il proletariato internazionale.

Concetti difficili. Eppure è così: l’ateismo è quella forma religiosa della volontà umana di non servire Dio. A maggior ragione se esiste! Il marxismo è quella forma di ateismo che deifica l’uomo, nella società senza classi: come potremmo avere una società senza classi, spontaneamente e eternamente giusta e felice, se non avessimo gli uomini santi? Alcune volte si dice che i marxisti sognano il paradiso terrestre. Sbagliato! I marxisti non possono sperare in Adamo, prima della caduta. Perché Adamo prima della caduta è sì in una condizione di Grazia, ma non di beatitudine. Può peccare. Infatti pecca! La giustificazione teorica della società senza classi può essere solo una condizione di beatitudine celeste: la rivoluzione partorisce uomini divini. È Gnosi assoluta realizzata.

Ancora 3

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The Eagles (dalla colonna sonora di "The Lord of the Rings. The return of the King") - H. Shore ft. R. Fleming
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