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Ha ragione Marx a chiamare Feuerbach un secondo Lutero. Come Hobbes secolarizzerà nell’ambito politico il volontarismo teologico di Occam e Lutero, allo stesso modo il nichilismo secolarizzerà l’individualismo e il soggettivismo protestante. Apparentemente la sola fides è l’opposizione massima alla sola ratio illuministica. In realtà sono applicazioni di una stessa base originaria che pone il soggetto nel suo solipsismo ontologico, gnoseologico, escatologico, anche là dove si vuole rinunciare a qualsiasi istanza del sacro. Ha ragione Feuerbach a risalire non a Cartesio, ma a Lutero, per fissare le origini della modernità, «sottintendendo che il principio d’immanenza del primo non avrebbe potuto capovolgere la visione del mondo in senso totalmente antropocentrico se non vi fosse stata prima la riduzione protestantica della verità della religione alla soggettività della sola fide. In verità il cogito e la sola fide sembrano costituire i due piloni di un’unica arcata sotto la quale ha fatto la sua apparizione l’uomo moderno con la sua pretesa di autonomia nei confronti di una presunta schiavitù filosofica e teologica. In ambedue infatti si afferma implicitamente la soggettività della verità, che è l’anima del pensiero moderno, e che ha portato fatalmente alla immanentizzazione e quindi alla negazione dei valori trascendenti. In campo filosofico il principio di Cartesio ha capovolto l’asse teoretico del pensiero umano, in quanto rinchiudendosi nella interiorità dell’Io penso ha voluto ricavare dal suo seno la conoscenza di tutta la realtà, uomo-Dio-mondo, a prescindere dalla priorità oggettiva della conoscenza dell’essere»[1]. L’esattezza di questa analisi di Passatore è confermata dallo stesso Feuerbach, quando scrive che: «il vero Dio, l’oggetto autentico delle fede luterana e della religione cristiana in genere, è unicamente Cristo, e Cristo in quanto vanifica ogni possibilità ulteriore di distinguere tra un in sé ed un per noi. Cristo non è in sé e per sé nulla che non sia anche per noi.
quando il diavolo veste Lutero (4)
Ricordo una cosa che un giorno l’abate Enoch mi disse: «Hai mai riflettuto sul «fallimento» di Gesù?». Mi lasciò due notti con quella domanda. Mangiai solo un po’ di miele. Loro facevano spesso così. E la forza della Grazia dava loro una incredibile capacità di dialogare con Dio durante tutta la notte. Le sentinelle della città usano darsi il cambio per assicurare una sorveglianza attenta. Con loro avveniva il contrario: più vegliavano e più amavano Dio. Più amavano Dio e più desideravano restare con lui. Più restavano con Dio, più vincevano la battaglia nel mondo. Non li ho mai visti perdersi nella mistica. Nessuna ascesi. Nessuna auto-elevazione spirituale. Mangiavano miele. Ma spaccavano le rocce dell’incredulità e spostavano le montagne del peccato con una autorità che era seconda solo alla potenza di rimettere i peccati. Cristo assolveva centinaia di anime, tramite loro.
Corrispondenza dalla Tebaide (Enoch)
sulla moneta (parte prima)
Nella I Lettera a Timoteo, san Paolo ammonisce su come l’attaccamento al denaro sia la radice di tutti i mali e causa, per uno smodato desiderio, persino della perdita della fede (cfr. 1Tm, 6,10). Del resto non era stato lo stesso Gesù a mettere il dito nella piaga, per così dire, quando giudicava impossibile per l’uomo servire due padroni, Dio e mammona (cfr. Mt 6,24; Lc 16,13)?
Ma che cosa è propriamente il denaro?
Apparentemente la moneta è uno strumento di proprietà, un potere proprietario d’acquisto perché accettata contro beni, il cui prezzo indica la quantità di moneta necessaria per avere in cambio il bene stesso.